Mirko. Nel tempo e nel mito

Una selezione rappresentativa di dipinti, sculture e disegni ricorda Mirko Basaldella, in occasione del centenario della sua nascita. Noto come scultore, Basaldella in realtà è stato anche disegnatore e pittore; questi aspetti, emersi solo negli anni più recenti, arricchiscono il quadro del suo percorso, restituendogli un ruolo più complesso nel panorama artistico italiano.
L’esposizione, che propone circa quaranta sculture, altrettanti dipinti e più di cinquanta disegni, è realizzata in collaborazione con il comune marchigiano di Cagli dove farà tappa a partire dal prossimo agosto. Le opere in mostra sono prestate dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma (Edipo, del 1940, e Chimera, dello stesso anno) e da enti e prestigiose collezioni private. La mostra, inoltre, documenta con alcune piccole sculture l’intensa attività didattica condotta dall’artista alla Harvard University, Cambridge (Massachusetts, USA) per dodici anni, dal 1957 all’anno della morte, il 1969.
Il rigore civile ed etico del percorso artistico di Mirko è testimoniato in mostra dai bozzetti e dalle fotografie che documentano la sua opera più celebre, i tre cancelli in bronzo realizzati a Roma per il Mausoleo delle Fosse Ardeatine. L’opera, realizzata tra il 1949 e il 1951 rappresenta anche una svolta verso una più spiccata concettualità, sottolineata dall’uso di materiali non tradizionali, anche poveri o poverissimi come il cemento, il metallo e le materie plastiche.
Artista curioso, si è aperto alle innovazioni della tecnica scultorea e pittorica e agli sperimentalismi, è stato sensibile alle suggestioni cubiste o post-cubiste – con la realizzazione di pitture e sculture policrome e polimateriche – alla cultura orientale e alle arti etniche, con la produzione, nel periodo tra il 1953 e il 1960 della serie delle Chimere e l’uso di lamine di rame e di ottone (in mostra Oratore e Guerriero, entrambe del 1958).
Esposto anche un suo dipinto, importante e poco conosciuto, La vita nei campi – Transumanza, del 1967, che preannuncia, con vent’anni di anticipo, future sperimentazioni da parte di artisti di generazioni successive.
La mostra, promossa da Assessorato alle Politiche Culturali e Centro Storico di Roma Capitale – Sovraintendenza ai Beni Culturali , è curata da Arnaldo Romani Brizzi e Alberto Mazzacchera in collaborazione con l’Archivio Corrado Cagli.

Mirko nel tempo e nel mito
1 aprile – 17 luglio 2011
Casino dei Principi – Villa Torlonia
Via Nomentana 70 – Roma
mar/dom dalle 9 alle 19
biglietto unico integrato Casina delle Civette, Casino Nobile e Mostra 10 euro (ridotto 8);
biglietto unico integrato Casino Nobile e Mostra 8 euro (ridotto 7)

Informazioni 060608 (tutti i giorni 9 -21), www.museivillatorlonia.it e www.zetema.it

Casino dei principi - Villa Torlonia

Il Casino dei Principi ha assunto il suo attuale aspetto neocinquecentesco, ricco di decorazioni esterne e interne, in seguito alla ristrutturazione effettuata da Giovan Battista Caretti, tra il 1835 e il 1840, per volere di Alessandro Torlonia (1800-1886).
Il primo nucleo del Casino era un modesto edificio rurale della Vigna Abati, presente nell’area almeno da un secolo e a Giuseppe Valadier, già prima dell'intervento del Caretti, viene attribuita l'idea di conferire a questo edificio un ruolo non secondario nella composizione architettonica della nuova Villa.
A lui si deve, molto probabilmente, la trasformazione del primitivo Casino, con una connotazione planimetrica molto simile all'attuale, nel periodo compreso tra il 1802, data in cui ne è attestato l'operato a Villa Torlonia, e il 1818, quando il fabbricato era ormai stato modificato e impiegato come quinta architettonica obliqua, che convogliava la vista dei visitatori, sia che procedessero lungo il viale di lecci, sia che transitassero lungo la via Nomentana, sull'elemento focale del Palazzo.
Piccolo e raffinato, il Casino fu usato dal principe Alessandro Torlonia, nel corso dei fastosi eventi mondani organizzati nella Villa, come dipendenza del Palazzo principale, al quale era collegato da una galleria sotterranea che ancora oggi unisce i due edifici.
Esso godeva di una posizione privilegiata, in quanto, dalle porta-finestre del piano nobile, aperte sulla bella balconata che corre lungo il prospetto principale, si godeva una magnifica vista sulla Villa e si poteva assistere agli spettacoli organizzati nel sottostante Anfiteatro, demolito nel 1910 per l’ampliamento della via Nomentana.
L’architettura esterna del Casino presenta alcuni elementi decorativi originari, come i due bei portali in marmo con colonne antiche, situati nei due prospetti minori, i vasi di ghisa che decorano l’attico e, sulle facciate principali, resti di un fregio realizzato a monocromo, raffigurante il Trionfo di Alessandro a Babilonia.
Le tre sale del piano nobile erano interamente ricoperte di tempere murali con vedute dell’antica Grecia, dell’antica Roma, tutte perdute, e, in quella che era la sala da pranzo, del Golfo di Napoli, eseguite da diversi pittori coordinati da Giovan Battista Caretti.
Tra le decorazioni originarie del Casino dei Principi vanno certamente menzionati gli elaborati mosaici pavimentali.
Nel corso del restauro dell’edificio nella prima sala, che in origine ospitava vedute dell’antica Grecia, sono state recuperate alcune decorazioni novecentesche; nella Galleria solo le decorazioni del fregio, opera di Giovan Battista Caretti e Filippo Bigioli, si sono conservate.

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